I limoni (Eugenio Montale)

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta. Continua a leggere “I limoni (Eugenio Montale)”

Si dubita sempre delle cose più belle

«È vero, tu hai ragione, come sempre, quando dici che si dubita sempre delle cose ci stanno troppo a cuore, che si teme di perderle, perché la vita è tanto triste, perché il destino è tanto avaro. Ma io, Renata, io che dubito di tante cose, io che il troppo pensare ha fatto così incerto ed esitante, io ho una certezza, salda, incrollabile, superba: che l’amor tuo sarà la consolazione di tutta la mia vita, che assorbirà tutte quante le mie potenze affettive, tutta quanta la mia capacità di amare». Continua a leggere “Si dubita sempre delle cose più belle”

L’alluvione ha sommerso il pack dei mobili – Eugenio Montale

L’alluvione ha sommerso il pack dei mobili,
delle carte, dei quadri che stipavano
un sotterraneo chiuso a doppio lucchetto.
Forse hanno ciecamente lottato i marocchini
rossi, le sterminate dediche di Du Bos,
il timbro a ceralacca con la barba di Ezra,
il Valéry di Alain, l’originale
dei Canti Orfici – e poi qualche pennello
da barba, mille cianfrusaglie e tutte
le musiche di tuo fratello Silvio.
Dieci, dodici giorni sotto un’atroce morsura
di nafta e sterco. Certo hanno sofferto
tanto prima di perdere la loro identità. Continua a leggere “L’alluvione ha sommerso il pack dei mobili – Eugenio Montale”

L’Aquila trema

È sconquassato il mondo di notte,
si delinea un tristo scenario
di morte, s’alza mesto un sipario:
vite minute a brandelli ridotte.

Trema la terra che tutto inghiotte,
muta la casa in vile ossario
pure la pietra diventa un sudario.
Si fugge come selvatiche frotte.

Della natura s’ode il vigore,
piangon le madri la morte dei figli
schiacciati dalle gravose macerie,

vinti nei loro tiepidi giacigli,
sì indifesi nel notturno algore,
che involge queste mortali miserie.

(Sonetto per il terremoto de L’Aquila, 2009, Salvatore Castrianni, “Memorie proibite”, 2013)

 

Silenzio

Silenzio.
Ché s’ode un rumore nel nulla
dopo il crudele sconquasso
flebile echeggia una voce
nella polverosa sacca d’aria.

Silenzio.
Pietà chiede alla maceria
che sottrae la salvifica luce
e muta il tellurico collasso
la casa in lugubre culla.

(Salvatore Castrianni, Terremoto Centro Italia, 3:36, 24 agosto 2016)

 

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